ROBERTO RODA: RELOAD

FOTOGRAFIE 1972-2008


APPARATI


a cura di

Isabella Falbo



Ricostruire  l’attività fotografica, espositiva ed editoriale, di Roberto Roda non è stato agevole. Innanzitutto perché si tratta di una attività molto lunga, oltre 35 anni,  ma soprattutto molto particolare e intensa,  persino frenetica. La produzione fotografica dell’autore ferrarese, sin dagli inizi, negli anni settanta, è andata specializzandosi all’interno di tre grandi filoni disciplinari: la ricerca artistica, la documentazione etno-antropologica, la documentazione del territorio. A tutto questo si dovrebbe aggiungere l’attività di Roda come studioso di etnografia e antropologia culturale e quella di storico e critico della fotografia. Sebbene Roda abbia cercato di tenere distinti i ruoli di artista e di fotografo documentario e tanto più quello di studioso, (arrivando persino a firmare immagini con nom de plume  per evitare sovrapposizioni (G. Craluna, Bob Wheels, ecc.)  è indubbio che i travasi fra i diversi ambiti ci sono comunque stati: concettualità sviluppate nella sperimentazione artistica sono servite come spunto per elaborare efficaci metodologie per il rilevamento etno-fotografico così come riflessioni maturate nella ricerca antropologica sono diventate in seguito l’impalcatura per operazioni artistico-concettuali. 

D’altra parte, nella storia della fotografia, il riconoscimento del valore artistico è stato spesso concesso a immagini e autori impegnati nella documentazione del sociale o al servizio delle scienze umane ( Dorotea Lange, Paul Strand, Gabriele Basilico sono i primi nomi che mi vengono alla mente). Anche la presenza di autori che hanno saputo impegnarsi  tanto nella sperimentazione artistica che nella documentazione (penso a Ben Shahn, Ugo Mulas, Nino Migliori) non è rara né la si deve dichiarare  impropria. Ci sono stati anche fotografi che hanno saputo sviluppare e far accettare all’universo dell’arte e delle gallerie linguaggi estetici che traevano comunque ragione da una restituzione documentaria della realtà quotidiana (Mario Giacomelli, Mario Cresci).

Per questi motivi, ricomponendo il quadro professionale del Roda fotografo, non mi è sembrato opportuno separare le attività secondo la collocazione disciplinare, ritenendo invece di dover dar conto di ciò che complessivamente la fotografia ha rappresentato e continua a rappresentare  nel lavoro dell’autore ferrarese. In questo curriculum, solo non vengono prese in considerazioni le pur numerosissime e qualificate attività di studio e ricerca (da quelle strettamente etno-antropologiche  a quelle storico artistiche o di critica d’arte) che per loro natura non hanno un legame diretto con la produzione di immagini dell’autore


Un ulteriore problema mi si è posto nel dover ordinare le attività espositive di tipologia artistica distinguendo fra mostre personali e mostre collettive, criterio che qui risulta di impropria applicazione. 

Il curriculum di Roda contempla  sino ad oggi rarissime partecipazioni a collettive (nel senso che normalmente si attribuisce a questo termine) e la maggioranza delle iniziative artistiche dove il fotografo compare insieme ad altri nomi sono piuttosto delle jam session  in cui lo sviluppo di un argomento  da parte dei nomi coinvolti avviene  attraverso un impegno che singolarmente è equiparabile a quanto viene solitamente profuso per una mostra personale. Già nella ubblicazio d’esordio del 1975, in cui il tema sacro dell’Apocalisse  e del Vangelo di Giovanni era affrontato insieme agli amici artisti Patruno, Lenzini e Forlani,  ognuno operava nello specifico nella propria individualità artistica. Allora il fotografo presentò al Centro attività visive del Palazzo dei Diamanti di Ferrara circa 30 opere in parete e oltre 50 in proiezione.

Per questo motivo tutte le  iniziative così concepite (e sono state diverse)  vengono considerate nel presente elenco come esposizioni personali a tutti gli effetti, solo comunque segnalando fra parentesi  i componenti del gruppo che ha dato vita all’iniziativa complessiva. 

Anche la collaborazione fotografica a mostre studio e documentarie sempre si è dipanata realizzando ampi reportage e costruendo percorsi di sezione consistenti.. Si può affemare che Roda è sempre stato, nel suo agire fotografico, sia documentario sia artistico, molto attento a sviluppare percorsi e racconti visivi e meno interessato a creare la singola opera, preferendo lavorare per analisi piuttosto che per sintesi

Le esposizioni di Roda sono sempre state concepite come vere e proprie riflessioni culturali tematiche, impegnate a  trovare la più ampia socializzazione possibile. Destinate  ad  essere circuitate  anche su lunghi periodi (vari anni). Da ciò la necessità di ordinare l’attività espositiva non semplicemente per anno, bensì per titolo e per sviluppo temporale. 


Alcune precisazioni meritano anche i lavori editoriali, soprattutto i cataloghi delle mostre che raramente sono stati concepiti come semplici cataloghi ma piuttosto come libri veri e propri che sviluppano e approfondiscono interdisciplinariamente il tema dell’ esposizione, accompagnandola. Non di rado è stata la ubblicazione ad essere pensata per prima, desumendo poi dal progetto editoriale il progetto espositivo destinato ad andare in parete. 




Testo tratto dal catalogo ROBERTO RODA: RELOAD. FOTOGRAFIE 1972-2008

EDITORIALE SOMETTI, MANTOVA, GENNAIO 2008